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2 h 30 m | 4,5 km circa |
Parco archeologico Vereto
Patù (Le)
Livello di difficoltà turistico.
Percorso naturalistico, storico e archeologico lungo le tracce dell’antica città messapica di Veretum, passando per i resti di una villa romana.
Coordinate del Punto di inizio
Lat 39.83735
Lon 18.32907
Mappa Google
Descrizione Vereto-Centopietre
Parco archeologico Vereto
Livello di difficoltà T turistico.
Il percorso, lungo circa 4,5 km, parte dall’area delle edicole votive, in cima alla collina di Vereto, e prosegue fino a via Uschiapagliare, passando per i resti di un’antica villa romana, e attraversando il parco archeologico dell’antica città messapica di Vereto. Nell’ultimo tratto si abbandona la strada asfaltata e si discende attraverso campi coltivati e piccole aree arbustive, passando per la Grotta delle sette sorelle.
Vereto città messapica
Una bella vista dall’alto sulla vallata che si apre fino a Leuca, sotto di noi il dislivello che proteggeva la Porta est di Vereto, ora indicata da due edicole votive. Verso ovest vediamo il Parco archeologico e la chiesetta dedicata a Maria.
Un piccolo sentiero a destra ci permette di costeggiare il bordo del colle e osservare dall’alto la pianura che si estende fino alla serra Montesardo. Su questa collina si sviluppava la grande città messapica di Vereto, protetta da mura imponenti nel quarto secolo a. C. e distrutta dai saraceni nel nono d.C. Restano parti di cinta muraria, alcune strutture difensive, numerose sepolture con interessanti corredi funebri e reperti di grande valore culturale, come la colonnetta con iscrizioni messapiche, alfabetario e incisioni di navi attualmente esposta nel Museo Provinciale Castromediano. La collina di Vereto fu occupata dall’età più antica fino a epoca medievale.
La ceramica di impasto e i resti di capanne di tipo specifico ritrovati, attestano la frequentazione a partire dalla prima età del Ferro (IX sec. a.C.). La fase arcaica, fino al V sec. a.C., è documentata da frammenti di ceramica dipinta di produzione locale, da alcune iscrizioni in lingua messapica e serie alfabetiche incise su cippi in calcare. Tra IV e III secolo a.C. si realizzò intorno all’abitato una cinta muraria che includeva orti e pascoli.
Villa romana
Di seguito, attraverso campi coltivati, ci si avvicina alle tracce di una villa rustica romana, della quale restano visibili alcuni muri e frammenti di cocciopesto e mosaico. La città romana ricordata dagli scrittori antichi con il nome di Veretum corrisponde alla trasformazione urbanistica dell’abitato messapico preesistente, con i nuovi impianti architettonici (ville rustiche) e stradali ben inseriti nei contesti locali. La frequentazione della collina di Vereto nelle varie fasi della dominazione romana è abbondantemente documentata dalle tipologie ceramiche attribuibili a quest’epoca: la ceramica a pasta grigia, la ceramica sigillata italica, la ceramica sigillata africana.
Vicino alla masseria Campanelle vediamo il muro che ha nascosto per duemila anni la colonnetta con iscrizioni e incisioni di navi. Giunti in via Uschiapagliare osserviamo alcuni tratti di fondazione della cinta muraria, in grossi blocchi simili a quelli della Centopietre, e seguiamo le mura fino a incontrare un tratto più conservato che mostra in elevato i blocchi di punta e di taglio. Proseguendo lungo la strada rurale verso est si scende fino alla base della collina, lungo la quale si vedono antiche strutture difensive e tombe fuori dalle mura, secondo l’uso dei Messapi. Si conclude il percorso dopo trecento metri tornando al punto di partenza.

Mura messapiche da Kalòs
Verdure spontanee
Intorno a noi campi coltivati e incolti abbondano di verdure selvatiche commestibili. Raccolta e utilizzo si sono affinati nel tempo, provenendo dalle antiche culture che hanno animato il territorio. Queste conoscenze, legate alla tradizione orale contadina, rischiano ora di disperdersi con essa. Erbe spontanee un po’ amare, molto profumate e stuzzicanti, con proprietà depurative e diuretiche: zanguni, finocchio, carota selvatica, cicoriella. Le minestre di verdure selvatiche (misticanze) integrate con legumi e cereali, sono sempre state cibo quotidiano nel Salento.
Le donne che lavoravano i campi a fine giornata si dedicavano alla raccolta, anche per aver qualcosa da scambiare con altri prodotti. Erano loro a diffondere conoscenze e ricette che contribuivano a consolidare l’attività al di fuori della cerchia contadina. Tra le più ricercate per sapori e profumi romice e papaverina, in proporzione che bilanci l’acre del papavero con l’acidulo del romice, insieme a un pugno di olive nere concorrono a un piatto tipico spettacolare: la fritta.

Papaverina

Romice capo di bue
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